SCRIVI LA TUA STORIA!

Ogni vita merita un Romanzo ... Quando raccontarsi è terapia per auto-aiutarsi e farsi aiutare.
Hai aperto la tua casa a qualcuno che ti ha illusa e ti ha abbandonata?
Hai scelto la donna "sbagliata", sei recidivo e perseveri nell'errore?
Scrivi la tua storia! Un blog per lasciarsi guidare da "chi dentro di te" sa già dove condurti affinché tu veda ciò che già conosci.

mercoledì 2 giugno 2010

La Confessione di Clara

Ho sessant’anni e sono un professionista stimato, un notaio famoso, figlio di un notaio altrettanto famoso e nipote di un notaio forse ancora più famoso. Quando
ho cominciato a travestirmi all’età di 10 anni, non avrei mai pensato di portarmi addosso questo “vizio” per tutta la vita. Forse adesso che ci penso il primo episodio di travestitismo fu giust’appunto quando capii che anch’io sarei stato un notaio. Fu lì che scattò la mia segreta passione per il travestimento, passione scoperta casualmente nell'adolescenza quando in un noioso pomeriggio mi venne in mente di indossare la biancheria intima di mia madre, la qual cosa mi provocò un'improvvisa ebbrezza ed una irrefrenabile eccitazione. Ricordo bene il senso di completezza, quasi di perfezione, che mi dava il guardarmi con quel look, il contatto del nylon sulle mie parti intime, l'ebbrezza dello sfregare le mie mani sul mio corpo così sensualmente fasciato. Questa sensazione mi piacque da morire e giurai a me stesso di ripeterla non appena ne avessi avuta l’occasione.

Mia mamma, se lo avesse scoperto, non avrebbe approvato. È tuttora una donna di polso e di solidi principi. È lei che ha sempre portato avanti la famiglia; con la sua intraprendenza è lei a portare i pantaloni in casa; lei ad aver portato avanti la famiglia, nella lunga e costante latitanza di mio padre, che si può dire abbia parlato con me unicamente per dirmi che avrei dovuto esser anch’io un notaio, portando avanti la tradizione di famiglia. Ma quale famiglia? quella fatta da mia madre che faceva sia da madre che da padre e che quand’ero bambino non perdeva occasione per dequalificare ai miei occhi il mio papà, accusandolo di mal gestire le proprietà terriere di famiglia? Ho sempre pensato che mio padre fosse un inetto, ma adesso comincia a sorgermi il dubbio che lo pensavo perché mia mamma me lo ripeteva quasi ogni santo giorno.

In verità quello fu il mio primo episodio di travestimento, ma prima di esso c’erano stati vari episodi di violenza psicologica. Ricordo che intorno all’età di 9 anni, poiché mia mamma lavorava, venivo spesso affidato alla zia materna, proprietaria di un laboratorio di sartoria, ove ella stessa si occupava di taglio e cucito. Ho ricordi lucidissimi di quel periodo. Ricordo quando le clienti si spogliavano nel camerino. Tutte le sartine entravano ed uscivano da quel sancta sanctorum, tranne me. Io ero “un maschietto” e pertanto ero interdetto dalla vista della “città proibita”. D’altronde Edipo stesso dopo aver preso visione del ventre della madre Giocasta rimase cieco. Lasciato da solo per interminabili minuti nel laboratorio a far la guardia, ero relegato in questo squallido ruolo maschile di guardiano e di difensore di quello che non mi era concesso vedere.

Amareggiato per essere stato escluso, odiavo in tal occasione essere maschio e sognavo fruscii di soffici sete, vellutate carezze di morbidi guanti di raso, e lucidi nastrini variopinti. Ma il peggio doveva ancora arrivare! Occorreva cucire i vestitini per la figlia dei signori Rossetti. La bimba aveva la mia età e più o meno la mia corporatura. Fu un giorno in cui anche mia mamma era presente ed, in mancanza di manichino, la zia ebbe la fulgida idea di usare me come modello per i vestitini. Io piangevo a dirotto. Non volevo! “Vi prego non fatemi questo! Non voglio! Non voglio!” Al terzo “non voglio” ecco arrivare un sonoro ceffone da parte di mia mamma. A distanza di 50 anni sento ancora la guancia bruciare sotto quelle 5 dita. Punito perché difendevo la mia virilità. E fu così che mia mamma mi afferrò saldamente immobilizzandomi mentre mia zia mi spoglio e mi infilò il vestitino. A nulla valsero i miei pianti. Avevano vinto loro! Ero vestito da bambina.

Fu in quel momento in cui ero totalmente sopraffatto in cui provai una scarica di piacere. Un piacere diffuso in tutto il corpo. Era l’ansia che si scioglieva. Non volevo indossare i panni dell’altro sesso, e mi ero ribellato, con tutto me stesso. Ma quando non ci fu più nulla da fare, anziché provare odio verso i miei carnefici, provai una sconosciuta sensazione di piacere sessuale diffusa in tutto il corpo. Presero così tutte le misure per adattare il vestitino; mia zia ebbe addirittura il coraggio di chiedermi se mi piacevo vestita così e mia madre allo scopo di riallacciare il rapporto, ma per nulla pentita dello schiaffo infertomi, disse che i miei boccoli lunghi, finora intonsi mi facevano proprio una bella bambina. Dovevo restare tutto il pomeriggio in laboratorio con la zia, la quale accompagnò quindi mai mamma all’uscio attardandosi.

Nel frattempo Rosetta una giovane sartina che fin dall’inizio aveva partecipato divertita alla scena mi fece cenno di avvicinarmi e mi propose di truccarmi il viso e laccarmi le unghia. Io paralizzato acconsentii. Ormai la mia virilità era stata infranta. Tanto valeva andare fino in fondo e così acconsentii. Rosetta non la smetteva mai di ridere. Mentre mi spennellava le unghia di smalto rosa, rideva in modo grasso e sguaiato e diceva alle altre sartine che ero proprio un bella femminuccia; le altre sartine annuivano col capo divertendosi anch’esse. Allora Rosetta mi fece fare una sfilata come facevano le manequin. Mi sentivo umiliato e deriso, ma allo stesso tempo mi piaceva. Forse conciato così, potevo innescare un meccanismo di complicità e sarei stato forse ammesso al gineceo, ai camerini di prova da cui mi ero sentito ingiustificatamente escluso.

Rosetta mi accompagnò quindi all’uscio, ove mia mamma si era intrattenuta a parlare con la Zia. Al vedermi così conciato, mia mamma mutò di espressione e con sguardo gelido, cambio repentinamente umore e mi gridò addosso con quanta aggressività aveva in corpo: “Togliti quella roba. Come ti sei conciato, anche ombretto e rossetto ti sei fatto mettere. Sembri una femmina. Che sfortuna che ho avuto! Il mio unico figlio maschio è tutto tranne che maschio. Povera me! Non me ne va bene una!”.

Io a suo tempo avevo solo nove anni, volevo bene alla mia mamma e mai mi sarebbe passato in mente che potesse cadere in contraddizioni. Pertanto, esordii, piangendo e gridando: “mamma ti prego, non dire così. Ti giuro che non lo farò più!”. Mi impegnai a non far più cosa, però? A vederla ora, io non avevo fatto proprio nulla. Avevano fatto tutto loro! D’altronde il giuramento che feci alla mai mamma valse solo pochi mesi. Per i miei 10 anni, il mio compleanno lo passai praticamente in bagno sfilando con i vestiti sottratti alla cameriera.

E così in una irrefrenabile dipendenza, più o meno ogni giorno non perdevo occasione per vestirmi da donna. Era come se volessi rivivere la violenza subita. Più spesso lo facevo, più sereno mi sentivo. Ma i momenti in cui gli episodi di travestimento in privato erano più frequenti coincidevano con i momenti in cui accusavo un brutto voto a scuola, o più tardi quando mi andava buca con qualche ragazza. Significa qualcosa questo? Allora mi rifugiavo nella mia camera e davo inizio al rito. Mi vestivo e poi facevo la passerella. Guardandomi allo specchio mi sentivo inorgoglito dalla visione; ripetevo in mente mia le parole di mia mamma prima di gratificazione per la perfetta somiglianza. Poi al togliermi i vestiti, come dopo aver assunto una droga, l’effimero svaniva, seguiva la depressione ed il pentimento, mentre in mente mia rimbombavano le parole di rimprovero per il peccato commesso. Specchiandomi, fissavo la mia immagine muliebre e socchiudendo lentamente le palpebre, sfocavo la mia figura riflessa nello specchio e ad essa nel mio immaginario sovrapponevo l’immagine di mia mamma. Vedevo mia mamma riflessa nello specchio, e dopo essermi truccata, tanto più le assomigliavo, tanta più eccitazione provavo.

Questa sovrapposizione di immagini verso i 14 anni cominciava a giocare brutti scherzi. Nel mio immaginario la mia vera mamma non era quella reale, ma bensì l’immagine riflessa nello specchio di me travestita da donna e con tanto di genitali in bella mostra. Ho dopo questi episodi spesso sognato di mia madre dotata dei miei genitali, quasi come se se ne fosse appropriata. Ma molte più volte ho sognato anche ad occhi aperti di far l’amore con mia mamma, a volte era lei la donna ed io un instancabile stallone, ed altre volte la donna ero io e venivo violentato da mia mamma che noncurante del mio dolore fisico mi penetrava analmente con i miei genitali di cui si era indebitamente appropriata. Allo specchio, mi vedo bellissima, così come lo era mia mamma da giovane. Ricordo che da bambino, più volte aggredivo gli sconosciuti che per strada con complimenti più o meno volgari abbordavano mia mamma facendole i complimenti per la sua bellezza.

Mia madre d'altronde era estremamente femminile, se non addirittura fortemente appariscente. A volte era un continuo di avances tale da disturbarmi la passeggiata pomeridiana fino al laboratorio della zia.

Da quel giorno ne è passata di acqua sotto i ponti. Adesso, prossimo alla pensione, di giorno sono uno dei più considerati e stimati professionisti parmensi, ma la sera a casa mi trasformo: divento “femmina”, anzi più femmina delle donne vere. Dolcemente mi rivolgo a me stessa chiamandomi Clara.

Mi eccita pensare che nessuno sospetta la mia doppia identità, e devo dire che vestirsi da donna è una emozione che vale milioni. Sentirsi intimamente donna non è un piacere fisico ma è un'emozione tutta cerebrale. Ti travesti e tutte le tua ansie scompaiono: sia quelle sentimentali che quelle lavorative. Vestirsi da donna mi fa sentire come scivolare entro un’armatura fatata. Mi sento un cavaliere invincibile. É un emozione che ti brucia il cervello. Senti di avere due sessi; in quel momento in minigonna, parrucca, calze setificate e tacchi alti, sei contemporaneamente sia uomo che donna. Ti senti davvero onnipotente. Non vorrei sembrarvi blasfemo, ma in quei momenti il tuo vuoto esistenziale si colma e ti senti di essere addirittura Dio. Ripeto non è piacere fisico, ma un orgasmo al cervello. Non pensate male di me.

Non sono omosessuale: io amo le donne; quando mi vesto da donna, pur sentendomi intimamente donna, in verità quello è il momento in cui paradossalmente mi sento più virile. Non cerco uomini, anzi più sono perfettamente truccata, più forte diventa il desiderio di accoppiarmi sessualmente con una donna vera. In quei momenti, quando mi guardo le unghia laccate rosa e il tacco a spillo o l’anello di finto smeraldo è come se uscissi dal mio corpo e vedessi in me la donna che ho sempre desiderato. In adolescenza ho sempre ricevuto frustrazioni e rifiuti dalle ragazze, ma nel contempo non ho mai smesso di desiderarle. Ed adesso ecco la mia rivincita. Voi ragazze mi avete rifiutato? ed io divento la donna più femminile che voi possiate immaginare. Mi avete negato la femminilità? ed io me la ricreo in modo eclatante.

Volete sapere se ho avuto donne nella mia vita? Si, ne ho avute, ma nessuna relazione stabile. Resisto al massimo sei mesi. Ma poi Clara prende il sopravvento ed esce fuori prepotentemente. Alla prima fidanzata confessai tutto; ebbe parole di comprensione iniziali, ma poi mi lasciò dicendomi che non riusciva ad accettare di essere la fidanzata di un travestito. La seconda, invece, una volta scoperta la mia vera natura, all’inizio morbosamente incuriosita, era lei a pregarmi di indossare reggiseno e guepiere per far l’amore, salvo poi mollarmi con la scusa di essersi stufata di vedere nell’intimità di fronte a sé una donna. E così via, ne ho ricevuto di umiliazioni dal sesso femminile! Ed è stata alla ennesima frustrazione ed all’ennesimo rifiuto subito, che alla fine ho deciso di cercare un mio simile, un uomo con le stesse mie tendenze, o meglio una donna col fallo.

Non l’ho fatto perché desideravo aver rapporti sessuali con un uomo! L’ho fatto esclusivamente perché non trovo donne che mi accettino nei panni di Clara, e bisogna adattarsi. Io non andrei infatti mai con un uomo. La persona con cui mi incontro invece saltuariamente, a parte i genitali, sembra davvero essere una donna. Facciamo l’amore scambiandoci i ruoli, ma il momento in cui più provo piacere è quello in cui io vengo posseduta. È lì che mi sento veramente donna e pienamente realizzata. Ma nonostante io accolga nel mio ventre il fallo di un altro uomo, anche se vestito da donna, tendo a precisarlo: non sono omosessuale. A me interessano solo le donne!

Mamma, Zia, Rosetta, perdonatemi! Ma ricordatelo: siete voi che avete iniziato: è colpa vostra se io sono ora un cattivo bambino!

Clara

giovedì 20 maggio 2010

Una storia per quelli che sono Sposati...per quelli che non sono Sposati ...e per quelli che presto si Sposeranno. Sono sicura, ne sarete toccati.

La dedico a tutti Voi!

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Quando rientrai a casa quella notte, mentre mia moglie mi serviva la cena, presi la sua mano e le dissi che avevo qualcosa da dirle. Lei si sedette e si mise a mangiare tranquillamente. Nuovamente ossevai la ferita nei suoi occhi.

Improvvisamente non riuscivo più ad aprire bocca. Ma dovevo dirle che cosa stavo pensando. Voglio il divorzio.. sollevai la questione con calma.

Non sembrava essere affatto contrariata dalle mie parole, anzi mi chiese sommessamente, perchè ?

Cercai di evitare la domanda. Ciò la fece arrabbiare. . Gettò via le posate e gridò, tu non sei un uomo! Quella notte, non ci parlammo. Lei semplicemente piangeva. Io sapevo che lei stava cercando di trovare ciò che era successo al suo matrimonio. Ma io potevo a malapena risponderle; lei aveva perso il mio cuore per la splendida Dew. Io non l'amavo più. Provavo solo pietà per lei!

Con un profondo senso di colpa, stesi una bozza del contratto di divorzio in cui affermavo che le avrei lasciato la nostra casa, la nostra auto e il 30% della mia compagnia.

Lei ci diede un occhio e poi lo fece a pezzi. Quella donna che aveva passato dieci anni della sua vita con me mi era diventata un' estranea. Mi dispiaceva che avesse sprecato il suo tempo, risorse ed energia ma non potevo certo cancellare ciò che avevo detto poichè io amavo Dew teneramente...ne ero sicuro. Alla fine scoppiò, gridando e strillando...finalmente proprio quello che mi sarei aspettato di vedere. Quel pianto era per me una sorta di liberazione. L'idea del divorzio, che mi ossessionava oramai da parecchie settimane, sembrava essere ora più chiara che mai.

Il giorno dopo rincasai molto tardi e la trovai che stava ancora scrivendo, china sul tavolo. Non cenai e me ne andai subito a letto, addormentandomi velocemente poichè ero stanco dopo una giornata memorabile passata con Dew.

Quando mi svegliai, era ancora li che scriveva. Non me ne curai, mi girai e mi rimisi a dormire.

Alla mattina mi presentò le sue condizioni per il divorzio : non voleva nulla da me, voleva semplicemente un mese di preavviso, prima del divorzio.

In quel solo mese dovevamo asslutamente impegnarci a condurre una vita il più normale possibile. Le sue ragioni erano semplici : nostro figlio aveva gli esami proprio in quel mese e lei non voleva angosciarlo con la rottura del nostro matrimonio.

Ciò mi confaceva. Ma c'era dell'altro, mi chiedeva inoltre di ricordarmi di come io l' avevo portata nella nostra stanza nunziale il giorno stesso del nostro matrimonio.

Mi chiese allora di sollevarla, ogni mattina, per tutta la durata del mese, dal nostro letto e portarla fino alla porta d'entrata ...Pensai che stava impazzendo. Proprio per rendere i nostri ultimi giorni assieme maggiormente sopportabili, accettai una richiesta cosi' strana.

Dissi a Dew delle condizioni imposte da mia moglie per il divorzio...Lei si mise a ridere fragorosamente e pensò che fosse tutto assurdo. Non importava quali espedienti stesse cercando di mettere in atto, doveva semplicemente affrontare il divorzio, disse in maniera sprezzante..

Mia moglie ed io non avemmo alcun contatto fisico poichè l' intenzione di divorziare era più che mai una realtà. Quindi quando la presi tra le braccia il primo giorno, entrambi apparivamo estremamente goffi. Nostro figlio apparve improvvisamente dietro a noi, papà porta mamma tra le braccia. Le sue parole mi provocarono un senso di panico. Dalla stanza da letto al salotto, poi alla porta, più di dieci metri con lei tra le mie braccia. Lei chiuse gli occhi e disse con calma: non dire a nostro figlio del divorzio. Feci un cenno con il capo, sentendomi un pò turbato. L'appoggiai fuori dalla porta. Lei andò ad aspettare l'autobus per recarsi al lavoro. Io invece presi l'auto.

Il secondo giorno, entrambi eravamo più sciolti. Lei chinò la testa sul mio petto, sentivo la fragranza della sua camicetta. Realizzai che non l' avevo più guardata con attenzione da oramai molto tempo...realizzai che non era più giovane. C'erano delle sottili rughe sul suo viso, i suoi capelli cosi' grigi ! Il nostro matrimonio non l'aveva certo risparmiata. Per un minuto pensai a ciò che le avevo fatto.

Il quarto giorno, quando la sollevai, sentii rinascere un forte senso di intimità . Questa era la donna con cui avevo passato dieci anni della mia vita.

Il quinto giorno, realizzai che la nostra intimità stava nuovamente ritornando. Non dissi nulla a Dew. Diventò via via sempre più facile portarla tra le braccia e l'intero mese se ne volò via velocemente. Il sesto e il settimo giorno realizzai che il nostro senso di intimità stava effettivamente crescendo sempre più. Continuavo a tacere con Dew. Forse tutto ciò mi rendeva ogni giorno più forte.

Una mattina mia moglie era tutta intenta a sciegliere che cosa indossare. Cercò alcuni abiti ma non ne trovò nessuno adatto...infine sospirò, le erano tutti troppo grandi. Improvvisamente realizzai che era dimagrita, era questa la ragione perchè la potevo sollevare cosi' facilmente.

Improvvisamente mi colpi' ... aveva sopportato cosi' tanto dolore e amarezza nel suo cuore. In maniera inconscia la raggiunsi e toccai la sua testa.

Nostro figlio arrivò proprio in quel momento e disse, Papà, è ora di prendere tra le braccia mamma. Per lui, vedere il papà che sollevava la mamma era diventata una parte essenziale della sua vita. Mia moglie invitò nostro figlio ad avvicinarsi e lo abbracciò stretto stretto. Mi girai velocemente per paura di poter cambiare idea. Poi la tenni tra le mie braccia, camminando dalla stanza, attraverso il salotto, verso il corridoio. Le sue mani mi circondavano il collo dolcemente, naturalmente. Tenevo il suo corpo stretto; era tutto esattamente come il nostro giorno di matrimonio. Ma il suo corpo cosi' leggero mi rendeva triste. L' ultimo giorno, mentre la tenevo in braccio a malapena potei muovere un passo.Nostro figlio era già a scuola. E mentre la stringevo dissi, non avevo notato che la nostra vita mancava di intimità.

Guidavo verso l'ufficio.... ad un tratto saltai fuori dall'auto senza chiudere la portiera. Ero dispiaciuto che ogni ritardo potesse farmi cambiare idea...salii le scale. Dew apri' la porta e le dissi , Scusami Dew, non voglio più divorziare.

Lei mi guardò, meravigliata, e poi mi toccò la fronte..Hai la febbre? Lei chiese. Le scostai la mano dalla fronte. Scusami, dissi, non voglio più il divorzio. Probabilmente il nostro matrimonio era noisoso perchè sia lei che io non avevamo valutato i dettagli delle nostre vite, non certo perchè non ci amavamo più. Ora mi era tutto chiaro .. da quando l'avevo portata a casa mia il giorno delle nozze, non mi era mai sfiorato il pensiero di non tenerla con me fino alla morte, a prescindere da tutto.

Dew sembrò improvvisamente svegliarsi. Mi diede un sonoro schiaffo, sbattè la porta e scoppiò in lacrime. Scesi le scale e me ne andai.

Per strada mi fermai da un fiorista, ordinai un bouquet di firori per mia moglie. La commessa mi chiese che cosa volevo scrivere sul biglietto. Sorrisi e scrissi: ti solleverò e ti porterò fuori casa ogni mattina finchè morte non ci separi.

Quella sera arrivai a casa, fiori in mano, un sorriso sulla faccia, corsi su per le scale, solo per trovare mia moglie morta nel letto.

I piccoli dettagli delle nostre vite sono ciò che veramente contano in una relazione. Non sono certo la casa, l'auto, le proprietà, i soldi in banca. Queste condizioni creano solo un ambiente tendente alla felicità ma non possono certo dare la felicità. Essere amici della propria sposa/compagna, fare tutte quelle piccole cose che costruiscono l'intimità.. tutto ciò rende un matrimonio/convivenza felice!

Se non condividete ciò, nulla vi accadrà.

Se lo fate, potreste salvare il vostro matrimonio/relazione.


domenica 18 aprile 2010

Scrivi qui la tua storia !

Ecco! Scrivi la tua storia di seguito a questo post, nella sezione commenti!
In alternativa invia il testo per la pubblicazione ad Eulalia1122001@libero.it!
Ti risponderò io stessa;
ti risponderanno i lettori;
ma soprattutto risponderai tu a te stesso.

Apri il commento e scrivi lì la tua storia,
In "Commenta come" Scegli il tuo nome, o se proprio non vuoi, seleziona anonimo, poi invia.
Ti aspetto!

domenica 21 marzo 2010

Regalati un angolino tutto tuo e scrivi la tua storia

Prendersi tempo per se è come entrare in un altro mondo. E non è vero che non cambi niente nella nostra vita perchè, scrivendo, entri in un'altra dimensione; si apprendono cose che si son sempre sapute di se stessi e di cui non ci si è mai accorti. Scrivere la tua storia può far scoccare la scintilla interiore che ci fa rinascere e vedere le cose del mondo e della nostra vita sotto un altro punto di vista!
Molti fatti che ci accadono e che accadono, possono essere visti in molti modi, da diverse angolazioni. Per scrivere devi sederti un attimo. Esci dalla tua vita ed entri nella tua vita stessa come se non fosse tua. Rileggere la tua storia come se fosse di un'altro, ti fa tornare con i piedi per terra alla tua quotidianità ma, forse, con la consapevolezza di chi sa dare i consigli di un estraneo alla storia stessa.

Insomma scrivere è un atto potente: la mente gira e pensa e può scorgere nuove luci, scovare nuove ombre ancora non viste, può inventare nuovi modi di essere, oppure semplicemente riflettere su qualche argomento a cui non avevi mai pensato.
Scrivere la tua storia può dunque essere principio di novità, perchè può scatenare qualcosa che può farti muovere nuovi passi in nuove direzioni mentali o spirituali.

Scrivi la tua storia, ma poi rileggila e falla rileggere e cercare di carpirne i segreti, le idee, le motivazioni, gli stimoli, gli obiettivi.

Se hai paura di esser riconosciuta o riconosciuto, usa uno pseudonimo! ma scopri la scintilla di fuoco e vita che è nascosta dentro di te perchè soltanto questa saprà condurti lontano e farti sentire, allo stesso tempo, a casa!